Music Club
Ottobre 1997

Si presenta sul palco come un menestrello in procinto di intrattenere una corte e intona Eppur non basta, leit motiv del suo concerto d'esordio musicale nonche' tema melodico ricorrente.

Marco Parente pare un novello Jeff Buckley per la modulazione della voce e per il dolce vizio di piegare lunghezza e forma delle parole alle sue esigenze melodiche: vizio che spinge alle estreme conseguenze fino a cantare in una lingua che non c'e'.Dal vivo, tra le modulazioni di frequenza si perde sicuramente qualche verso ma non il senso del discorso.

Parente e' pronto a danzare intorno alle sue composizioni con uno sguardo lucido e curioso sospeso tra emozione e introspezione,grazia malinconica e piglio vivace, tradizione cantautorale e rock.Si distende e si impenna in sintonia con i suoi musicisti: particolarmente complici le viole di Erika Giansanti (quella piccola) e Paolo Clementi (quella grande); Buone prestazioni sigla il momento più espressivo del concerto che si chiude come il disco con i battiti della grancassa, pulsazioni potenti come quelle del cuore.

Mi lasciano nell'estasi ...del declino ...Del declino ...Del declino