Estragon
Bologna, 29 Marzo 2001 (supporto al concerto degli Afterhours)

I 40 minuti circa del set di Marco Parente e Paolo Benvegnù, prima del concerto bolognese degli Afterhours, si svolgono in un locale affollato all'inverosimile. I due si presentano senza altri musicisti di supporto, e accompagnano i loro pezzi semplicemente con chitarra elettrica ed effetti (Benvegnù), chitarra acustica e tastiere (Parente).

Tale scelta "spartana" appare sicuramente azzeccata per la carica immediata e l'approccio diretto con i pezzi, ma permane la curiosità di immaginare che effetto sortirebbero i brani con un'orchestrazione più variegata e complessa. Se per certi pezzi la differenza non si sente, se per altri la mancanza di sezione ritmica e archi risulta in parte penalizzante, alcune canzoni sembrano addirittura trarre giovamento dalla ormai collaudata formazione a due, che costringe interpreti e pubblico a focalizzarsi maggiormente sul "cuore" dei brani. La voce appassionata di Marco Parente e quella dolentemente rabbiosa di Paolo Benvegnù trasportano a poco a poco un pubblico decisamente ben disposto (tolta una fisiologica minoranza di pochi elementi che non gradisce) nei percorsi apparentemente obliqui, seppure sensati e diretti, dei brani editi e inediti.

Rispetto anche a pochi mesi fa sembra che la collaborazione tra i due stia andando ben oltre l'ammirazione reciproca e l'amicizia. Le influenze vicendevoli si sentono sempre di più e, sebbene sia ben chiaro che in certi momenti si è in presenza di un brano di Parente mentre in altri è di una canzone di Benvegnù che si tratta, si comincia a percepire in diversi episodi una nuova entità che i due stanno evidentemente creando. Rimane grande, pertanto, l'aspettativa che questo incontro artistico porti a sviluppi proficui.

Tra gli episodi del breve concerto, oltre alla sempre più intensa Succhiatori, i momenti di maggior coinvolgimento vengono raggiunti con Karmaparente e una versione crepuscolare di Rosemary Pelxiglas (Scisma, NdR) che chiude, malinconicamente, il concerto.

Una nota, diciamo così, "di colore". Appena terminata l'esibizione, un gruppo di ragazzi, commenta, dietro chi scrive, il concerto. "Ma questi chi sono?" chiede uno. "Un gruppo nuovo?" si domanda un altro, aggiungendo "E come si chiamano?". "Però sono forti!", concordano. Se da un lato ciò dà pensare sulla annosa questione della visibilità nella musica, dall'altro però conferma ancora una volta l'impressione che esiste spazio per le proposte artistiche autentiche e sincere che puntino al cuore dell'ascoltatore.

Francesco Saliola

Eri sicuro di esserti mosso... ma stavi soltanto danzando intorno