Feeling e sperimentazione. Una band da club newyorkese con due violinisti e una tromba
PRATO - Una sventagliata di nuove uscite discografiche per il Consorzio
Produttori Indipendenti. Il 14 marzo escono infatti i nuovi CD di Mira
Spinosa, il Grande Omi e del Santo Niente, mente il 20 saranno pubblicati ben
quattro nuovi album dell'etichetta Taccuini (Collana di "musica
aliena"): due di Andrea Chimenti, che oltre alla riedizione del suo primo
Lp (La maschera del corvo nero) ha pronto il nuovo Qohelet, insieme
a Fernando Maraghini, Plastica anamorfiva esistente di Roberto Maraini
ed Eppur non basta, l'attesissimo debutto di Marco Parente.
Chimenti e Parente hanno presentato l'altra sera nelle sale del "Centro
per l'arte contemporanea Luigi Pecci" di Prato i nuovi lavori.
E' stato un successo per entrambi gli artisti, che hanno dimostrato grande
verve e soprattutto originalità anche nella messa in scena dei due
progetti che la settimana prossima saranno presentati in diretta su Radiotre Rai.
I due Cd mostrano due modi quasi opposti di vivere il sound contemporaneo.
Marco Parente ha privilegiato l'impatto live, l'improvvisazione e la canzone,
mente il set di Andrea Chimenti e Fernando Maraghini, nettamente più intimista
e suadente, ha preferito puntare sulla voce e sulle mille sfumature della parola
cantata e recitata.
In entrambi i casi, come dicevamo, si tratta di lavori innovativi, ma anche
spiccatamente contemporanei.
E, se da una parte la melanconica e intrigante drammaturgia musicale di
Chimenti prende avvio da testi di Pessoa, Ungaretti e dall'opera biblica
"Qohelet", Parente si diverte a colorare di intensità e musica
aliena una raccolta di canzoni prettamente cantautoriali. Una sorta di Donovan
del Duemila, che non rinuncia al feeling e alla sperimentazione tipica degli
anni Settanta, ma la esprime a trecentosessanta gradi grazie a una band che
sembra uscita da un club newyorkese.
Paolo Clementi ed Erika Giansanti alle viole (al posto delle solite tastiere),
Luca Marianini alla tromba, Giovanni Dall'Orto al basso e soprattutto il ritrovato
Jeppe Catalano alla batteria esprimono una vitalità acida degna delle
migliori new jazz d'oltreoceano, ma è sempre Marco Parente a menare
la danza, a orchestrare i vari movimenti che vivacizzano e danno spessore ad
ogni canzone.
Giovanni Ballerini
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