Trasparente
Album, Mescal (2002), MES 672877 2
Rumore n. 128, Settembre 2002


Non ha perso il gusto di giocare con le parole, Marco Parente. Trasparente (un punto per lui prima ancora di cominciare) è il suo terzo disco, più impegnativo e rischioso del precedente Testa, dì cuore. Meno rock, se vogliamo. La sua voce dolente e disincantata, qua e là in falsetto, ci guida con poesia mai pretenziosa attraverso un album riflessivo, fragile e ancora più personale.

Piaccciono il bel singolo Lamiarivoluzione (la mia Karma Police?) e la seguente Scolpisciguerra, tormentata come l'argomento che lambisce e come certe cose recenti di PJ Harvey. O Davvero trasparente in chiusura, quasi un Jay Jay Johanson senza beat e tutto spleen.

Il resto, la spina dorsale dell'album, sono ballate delicate e psichedeliche (più chitarristica Farfalla pensante, più pianistica Adam ha salvato Molly) oppure solenni e lunari (Derivanti, Come un coltello, una Anima Gemella che non sarebbe fuori posto a casa Donà). Bene se preso singolarmente, a leggero rischio noia se messe una dietro l'altra.

Certo però che se a intervallare arriva l'orribile Fuck He(art) & Let's Dance, sombicchierato tentativo di dance marziale con rumorini, voci filtrate ed atre trovate evitabili… beh, avanti un'altra trentina di ballate! È l'unica caduta di tono del disco, ma è per fortuna breve ed è l'ideale per provare il funzionamento dei tasti forward e program sul vostro lettore.

Molto meglio allora quella frase semplice di pianoforte all'inizio di W il mondo, che entra in testa al volo (qualcosa tipo Organ Donor sul primo DJ Shadow). E si scioglie in un refrain manifesto: "Non cambia il mondo / se non cambia il mio / Non cambia il mondo / ma forse cambia il mio".

Non cambia il mondo, molto probabilmente nemmeno il mio, ma questo non vuol dire che Trasparente sia un brutto disco. O che non possa cambiare il vostro.

Andrea Pomini

Ho tutto quello che mi serve... Una strada su cui camminare... Una finestra da cui sporgermi