Neve ridens perché? Dice Marco Parente: "forse perché la prima volta che la mia famiglia mi ha portato sulla neve ho pianto, o forse perché l’inverno apre la bocca ai denti bianchi".
Neve ridens, arrivato a tre anni esatti di distanza da "Trasparente", è un disco ad ampio spettro in cui è possibile trovare poesia, filosofia, giochi di specchi e di potere, sperimentazioni sconfinanti nel jazz e canzoni vere e proprie, mai meno che originali. Forse manca il colpo di genio puro di cui sarebbe capace l’amico Benvegnù, o la leggerezza di Morgan, e forse manca anche la bellezza limpida di una "rivoluzione a colpi di grazie", ma quello di Neve ridens è, da qualsiasi angolazione lo si guardi, grande cantautorato. Certo trattasi di una via al cantautorato tutta particolare, i non avvezzi potrebbero trovarla contorta e difficile. A onor del vero, diciamo che Marco Parente non s’è mai fatto scrupoli a spiazzare coi suoi dischi, sin dal primo "Eppur non basta", ricco di due viole, di una tromba solista e di un’originalità non rintracciabile altrove.
Neve ridens perché "credo nella poesia come unico metodo di vita". Poesia inquieta e aggrappata alla vita come le mani di un viaggiatore sconfitto all’ultimo treno della notte:
"ti stanno rubando il sorriso/e ciò che ti illumina il viso";
"ciò che mi spinge/a violare un tempio/è non saper spiegare/fino in fondo ciò/che mi raggiunge";
"quando inizi a sputare l’amore/l’amore è un quadro/e se inizi a sprecare l’amore/l’amore è uno specchio/che non mi fa il verso"
"aspetto che la gente mi trafigga/con i suoi pensieri alti e bassi".
Marco Parente è poeta di sofferto languore.
"Il tempo delle fragole", non a caso primo singolo, è il pezzo più facilmente memorizzabile, col suo andamento sincopato ai limiti del rock e un ritornello da prendere e copiare tale e quale sul prossimo sms per la nostra persona amata/odiata ("solo io e te/nel posto delle fragole/non c’è saliva per/le cose non dette"). Colpiscono anche l’urgenza raggomitolata dentro "Wake up", che ha i rintocchi di un pianoforte nevrotico, la commozione dentro "Un tempio" ("basterebbe un solo passo/fuori dalle scarpe/per capire che stiamo solo respirando/la stessa aria lo stesso silenzio"), con la lentezza che raddoppia la potenza dell’amore, il minimalismo di "Io aeroporto" e gli affondi della terza parte della "Trilogia del sorriso animale" (le prime due parti saranno sul seguito di Neve ridens in uscita ad inizio 2006).
Neve ridens è un disco che può intrappolare come un rompicapo, che può riprendere il cuore in picchiata sullo sfacelo e rianimarlo col suo canto. A patto di non avere fretta: per queste canzoni serve un piccolo ardire, attendere senza fare domande.
Pierluigi Lucadei
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