"Neve Ridens", deliziosamente spiazzante
La Mescal propone l'ultimo, breve e intenso lavoro di Marco Parente
Marco Parente è senza ombra di dubbio non solo una delle punte di diamante della
Mescal, ma anche una delle presenze più significative del panorama cantautorale italiano.
È uscito, dopo qualche rinvio, il suo ultimo cd intitolato Neve ridens,
che appena pubblicato appare già paradossalmente come il penultimo, perché
fa parte di un progetto che prevede la prossima realizzazione di
un secondo Neve ridens,
complementare al primo. E ancora una volta Parente stupisce il suo pubblico.
Chi ha conosciuto e apprezzato i precedenti cd, in particolare
Trasparente del 2002 e
L'attuale jungla del 2003, si troverà di fronte
un prodotto ancora una volta diverso, deliziosamente spiazzante, in tutto.
Si apre la custodia e anziché leggere informazioni nella quarta del booklet si vede
la propria immagine riflessa in un asuperficie argentea a specchio.
Allora si apre il libretto e vi si trovano solo pagine bianche.
Il messaggio a questo punto è chiaro. Nessun messaggio, dobbiamo trovare solo
noi stessi, metterci in gioco in mezzo alle note e
alle parole che sono contenute nel disco.
Allora si passa all'ascolto: 34 minuti di musica, in un'epoca in
cui le potenzialità del supporto cd e il costo fanno sì che gli
album di durata inferiore siano considerati con fastidio. Ma già
dalle prime note si è avvolti da ciò che decanta in
maniera meravigliosa l'esperienza di Parente con i CSI
da un lato e con Robert Wyatt dall'altro. A partire da Wake up
ci si trova immersi in un atendenza alla sottrazione che porta alla
costruzione di una struttura ricorsiva di pianoforte dall'effetto incantatorio su cui
si innestano la melodia e un testo tanto poetico quanto stralunato.
Poi Amore o governo rende ancora
più malinconica e struggente la voce e il pezzo viene giocato su uno
scheletro musicale che progressivamente si riveste di membra sonore e vocali
giocando sull'alternanza di sussurri e impennate timbriche, di pieni e di
vuoti. Poi Il posto delle fragole
è costruita su un ritmo più vicino al rock, con una chitarra elettrica che
graffia qua e là.
È insomma in continuo mutamento di tono, di intensità, all'interno di
un progetto dotato di una coerenza stilistica e di una
maturità musicale che risulta difficile immaginare se e come potrà venire superata.
In attesa del secondo atto.
di Gian Luca Barbieri
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